1985 MCBESTIARIUS Tales for Drawings ROMA
McBESTIARIUS
1985 by mcbett
Preludio
Nell'anno 496 d.C., gli studiosi rivelano, la seconda luna di primavera si accostò talmente al globo terrestre da provocare fortissimi turbamenti atmosferici in alcune zone, mentre in altre causò profondi sconvolgimenti di regni animale e vegetale che, in situazioni rare, favorirono la nascita di anomalie inverosimili.
Data la diversità dei luoghi in cui capitarono questi fenomeni non è facile stabilire il giorno preciso di tali avvenimenti, se non fu già scoperto nel passato, anche perché, date latitudini e longitudini diverse, i diversi fusi orari non fanno coincidere le date del plenilunio.
IL TIMIDO MATTIA
"Verecundus bipes"
Era anche detto semplicemente "il Timido" ed abitava solitario i boschi ai piedi delle montagne.
Non si conobbero mai bene le sue abitudini perché, pur essendo un umanoide, non socializzò con nessuno.
Sappiamo la sua storia perché se la tramandarono oralmente per generazioni gli abitanti delle pianure circostanti, fin quando, all'inizio del diciottesimo secolo, un governatore zelante, ricostruendo in un gran manoscritto le origini del proprio paese, non mise per iscritto anche questa vicenda.
Riportiamo qui, dunque, il testo di questo racconto del corretto funzionario, provando un po' a tradurlo dal dialetto in cui è stato scritto, per una migliore comprensione:
"Sappiamo con certezza che fu nell'Aprile 496.
Nella notte un Leone aveva appena ucciso e divorato un Monoceros arietinus (particolare razza ovina ormai estinta - N.d.T.) quando un giovane cacciatore di nome Mattia dalla Freccia Veloce, lo scorse.
Fu un attimo, e la fiera venne colpita a morte. Sembra che in quell'anno accadessero fatti inverosimili a causa dei raggi deformi della luna che in quel mese nefasto giunse al culmine della sua demoniaca potenza. E in quel mentre (che il giovane si trovava dentro una radura e la luna del cielo era piena), che essa uscì dalle nubi e dagli alberi ed influì sul giovane impavido.
Lentamente tutte le fattezze del ragazzo iniziarono a mutarsi, compreso il suo carattere coraggioso, e questi prese a correre velocemente verso il paese, ché s'era accorto quanto pericolo gli stesse accadendo.
Incontrò un passante a lui conosciuto, tal Dedalo, e lo fermò per fargli ascoltare il suo sentimento di profonda stranezza e sconvolgimento, e questi l'ascoltò, dapprima ritenendolo allucinato da sostanze fatate,, dato che non notava in lui i mutamenti ancora poco visibili, poi si spaventò moltissimo notando la fronte del giovane crescere e crescere ancora ed i capelli incresparsi ed incresparsi ed i piedi allungarsi ed allungarsi in modo inaudito, mentre la figura perfetta del giovane lentamente si appallottolava e scompariva in fondo alla testa abnorme.
Il passante fuggì, certo di aver avuto egli stesso una visione, forse a causa di disturbi intestini e, tornato a casa pianse del suo malessere con la moglie.
Fatto stà che il giovane Mattia il giorno dopo non era più a casa e ancora una settimana dopo non tornava e nessuno lo vide mai più.
Si dice che ciò che ne fu di lui, ossia il Verecundus Bipes, detto "il Timido Mattia", per molto tempo non fu conosciuto.
Tutti pensarono alla follia (forse premonitrice) del contadino e alla morte accidentale del giovane.
Anni ed anni in seguito venne scorta una strana impronta larga e si pensò ad enormi giganti giunti a punire l'umanità.
Solo quasi un secolo dopo capitò ad un anziano boscaiolo di vedere un animale peloso tra i cespugli, con uno strano corno ritorto sulla fronte e dallo sguardo molto umano ma spaventato che subito saltellò via a grandi passi con delle zampe enormi simili a quelle delle papere.
Sembra che il turpe cambiamento avesse reso longevo il giovane Mattia, che da quel giorno, ricostruite le storie delle generazioni passate, fu identificato.
Si pensò, allora, che il contadino avesse avuto ragione, la triste notte della primavera del 496, quando Mattia non tornò più ai suoi cari.
Ora la sua famiglia era morta e restavano dei coraggiosi successori che lo cercarono nel bosco e lo trovarono. Ma riuscì a sfuggire anche a loro e a scomparire del tutto.
Fu nell'anno 649, quando i boschi ai piedi delle montagne erano considerati ormai poco sicuri e la sua possibile permanenza lì era vista come una presenza del maligno, che delle donne, mentre andavano a lavare la biancheria al fiume che taglia il fondovalle, trovarono il suo corpo inanimato rannicchiato dentro una buca nel suolo. Chiamarono gli uomini a coprirlo di terra e da allora di lui è rimasto solo il ricordo del mistero per chi ne seppe le vicissitudini e l'incredulità ed il dubbio per noi che trascriviamo questa storia.
Lì, undieci de lo mese de OCTOBRES anno MDCCXXXVI per l'Ill.mo Governatore, segnai."
SIRENETTI DEGLI SCOGLI
"Insitici Tritoni"
I Sirenetti sono figli di esseri terrestri, generalmente animali (maiali o talvolta capre), ma anche di umani, che sotto il plenilunio dell' Aprile 496, caddero in mare. Sotto l'influsso di quella luna propizia poterono accoppiarsi con semplicità agli abitanti del fondo marino, generando, quindi, svariati tipi di anfibi aventi coda di pesce e corpo di terrestre.
La loro esistenza è perciò divisa tra la Terra/Padre ed il Mare/Madre, differentemente, differentemente dalle Sirene,che, seppur in apparenza simili, sono esseri strettamente marini.
La loro attività fondamentale è la contemplazione, anche se in alcune specie più umanoidi si tratta anche di attività manuali, come la costruzione di strumenti musicali a fiato e il loro uso.
I canti dei Sirenetti e le loro musiche tendono ad imitare il verso dei volatili marini, dei quali i Tritoni adorano la misteriosa e fantastica capacità di volare.
Specialmente i gabbiani, ma anche gli albatri, sono da loro richiamati nelle lunghe giornate di sole, quando non soffia troppo vento ed è piacevole lasciarsi andare sugli scogli. Ed essi rispondono, accorrono piuttosto amichevoli, anche se non domestici, e svolazzano per il cielo circostante fino al tramonto, quando i Sirenetti, ormai stanchi, si tuffano in mare per riposare sul fondo.
Il culto del volatile, nell'andar dei secoli, si è sviluppato talmente, che alcuni Sirenetti, quelli appartenenti a razze ibride più evolute formatesi in secoli di unioni pure tra razze umanoidi, attuano una sorte di arte scultorea graffiando su degli scogli particolarmente idonei immagini di volatili fantastici o realistici.
Passeggiando lungo le soste di quei mari non è difficile trovare di queste opere, seppure spesso siano nascoste da incrostazioni o corrose dalla salsedine.
Data la confidenza atavica col genere umano (oltre che con capre maiali mucche pecore cani cavalli somari eccetera), i Sirenetti non sono ostili alla gente, come non lo sono ad ogni altra specie animale terrestre, soprattutto agli animali da cortile.
Di carattere cordiale e socievole, dimostrano, però, un certo imbarazzo nel confrontarsi con le specie che vantano origini molto più antiche delle loro.
Manca loro, infatti, una storia evolutiva vera e propria, antica:, data la varietà immensa di razze e sottorazze, i miscugli tra le famiglie, sono propensi a cambiare di molto l'aspetto nel tempo. Questo non permette loro di conoscersi a fondo, né di poter fare affidamento sull'esperienza degli anziani, o di avere dei veri e propri costumi sociali.
Mangiano ogni cosa commestibile che li circonda, soprattutto fauna e flora marina, dato l'habitat, ma anche verdure e frutti del suolo circostante.
Cercano di evitare, quando possono, di rubare le uova dai nidi di gabbiani ed albatros, ma succede che mangino anche quelle, mancando una determinata morale o un senso effettivo del tabù che impedisca loro di farlo.
La loro morte, se naturale, avviene in mare, al largo, nel fondo degli abissi, in luoghi non frequentati dalle comunità.
PESCE-UCCELLO SALTARELLO
"Tetrao piscis"
Conosciuto dalle popolazioni dei piccoli arcipelaghi mediterranei, e soprannominato "Pesceuccello Saltarello", è protagonista di simpatiche saghe, filastrocche e leggende popolari.
E' considerato simbolo di buon augurio e porta fortuna al pescatore quando al mattino si imbarca e vede un branco affiorare e saltellare a filo d'acqua.
Non è molto bello all'apparenza, con il torso rugoso e pinne di tipo preistorico, ma la sua copertura vibra di colori cangianti, ed il muso somiglia, buffamente, a quello di un gallo dal capo impennacchiato.
Nonostante l'aspetto anomalo e grottesco è un pesce in tutto: grande quasi come un delfino è di un'agilità stupefacente quando salta in aria per poi rituffarsi nel profondo del mare.
Spesso, i branchi di piccoli pescegalli si avvicinano alle rive sabbiose dove l'acqua è bassissima, per socializzare domesticamente con i piccoli umani del bagnasciuga. Difficilmente gli uomini del litorale si mostrano ostili verso questi animali.
Se casualmente finiscono nelle reti, i pescatori li rigettano in mare (soprattutto perché non sono commestibili).
La canzone più famosa lungo le coste del mediterraneo, cantata dai pescatori in alto mare, dalle donne ai bambini nella culla o dai ragazzetti in strada facendo saltare la palla, più o meno dice così:
Pesceuccello saltarello
se poi piove apro l'ombrello
ma per ora mi vuoi dire
cosa metto nel bacile?
Pesceuccello saltarello
ho fame e caccio col coltello
ho sete e cerco dieci lire
il mio letto è nel fienile
Pesceuccello saltarello
nasce il grano al campicello
cade il latte nel bacile
noi balliamo nel cortile
Se la luna salirà
Pesceuccello dormirà
DRAGHETTO
"Dracoinsectum"
Questo raffinato animaletto è il più piccolo esemplare della famiglia dei draghi.
Le sue dimensioni, non superiori a quelle di un grillo mediterraneo, portano a considerarlo più un insetto che parente dei rettili dalla lingua di fuoco; tuttavia nella loro gerarchia è considerato alla stregua dei draghi cinesi, suoi più famosi parenti e di tutti gli altri generi di draghi conosciuti più o meno dagli studiosi zoologi.
La potenza di questo animale sta proprio nelle sue dimensioni ridotte: dove un drago normale non può giungere senza destare clamori e sgomento, lui arriva con facilità e riservatezza.
E' richiestissimo da tutte le specie, animali e non, come ambasciatore o messaggero di notizie importanti e delicate, perché è animale di grande sveltezza e forza.
Possiede ali molto più valide di quelle possedute generalmente da tutti i tipi di draghi: solide e leggere.
Le sue zampe fanno salti in lungo ed in largo alla stregua di scoiattoli volanti.
I suoi occhi, come la mosca, vedono contemporaneamente ogni lato, a salvaguardia dalle imboscate.
E' certamente animale d'azione e politico: pur essendo molto compreso nella serietà dei suoi compiti, riesce a porre fine alle sue azioni senza sclerosi mentali e con tattica razionale.
E' conosciuto praticamente ovunque, ed ovunque è rispettato, ma ha come nemici effettivi l'acqua e i suoi abitanti: se le sue ali si bagnano, non essendo impermeabili si appesantiscano come spugne e lo lasciano cadere come un masso. I pesci dei mari salati ne vanno ghiotti
Così i dracoinsecti spesso partono in gruppi per recapitare messaggi a grandi distanze, sia per aiutarsi in caso di pericolo, sia perché i superstiti di eventuali incidenti possano, nonostante tutto, portare a termine il proprio lavoro.
È capitato spesso che qualcuno vedesse brillare le ali di qualche draghetto affogato in uno specchio d'acqua dolce, come uno stagno o un piccolo lago.
Non sono essenzialmente carnivori, e, date le modeste dimensioni, non mangiano fanciulle e non sono combattuti da guerrieri a cavallo. Capita talvolta che appoggino un complotto di draghi, ma mai promosso da un'iniziativa personale, più che altro per diplomazia interna.
Il fatto è che rispettano profondamente i riti e le usanze delle comunità loro parenti e ne approvano incondizionatamente le scelte, nonostante siano non strettamente idonee per loro.
Non sono animali fantasiosi, ma nel loro lavoro sanno usare molta prudenza e saggezza .
Giunti ad una certa età, però, verso i sei, otto anni, data la brevità della loro esistenza, si ritirano pressi i prati incolti o le campagne abbandonate, per riprodursi tramite uova e poi morire.
PESCECARTA da FONDO
"Involutus lassus"
Il "Pescecarta da Fondo" è un animale bisbetico e brontolone, ma tuttavia tollerabile.
Ce l'ha ancora a morte con il plenilunio dell'aprile 496 quando, come foglio di carta, venne accartocciato e buttato a mare da una mano rabbiosa e, finito sul fondo, si accorse di essersi tramutato in un Pensante.
Da allora la sua vita monotona è basata sullo studio attento dei cambiamenti nei secoli del fondo marino. Non ha familiarizzato con i pesci veri e propri, né con gli altri esseri subacquei, perché gli sembrano tutti instabili e frenetici.
Ama sostare da sempre nello stesso punto dove è caduto e, seppure le alghe lo abbiano ormai completamente ricoperto, non sente il bisogno di levarsele di dosso. Non mangia mai, essendo di natura non animale, non sente,(e di sicuro crede che sia un vantaggio). Guarda soltanto, da secoli e secoli, e chissà per quanto ancora resterà lì, dimenticato e dimentico.
FOSSILI delle ROCCE
"Fossila Rocciarum"
Esiste una specie particolare di fossili, nelle rocce di alcune grotte poco frequentate che, nonostante l'apparenza, vivono ed anche pensano, nutrendosi dei minerali delle rocce e di scorie organiche.
Appartengono ad un tipo particolare di conchiglia mononucleata, nata con la materia stessa al momento delle grandi esplosioni e da allora non sono mai cresciuti e mai morti.
Integrati nel terreno con la scomparsa dei mari, hanno come attività sociale primaria la comunicazione tramite microonde sonore e vibrazioni attraverso il terreno, e possiedono una sorta di alfabeto e di grammatica che permette loro espressioni poetiche di massima elevatezza, pari ai nostri "Mi illumino d'immenso", seppure spesso condizionate dalla contingenza del sottosuolo.
Nonostante la vita nel profondo della materia, i fossili delle rocce sono aggiornatissimi, data la elevata velocità con cui possono trasmettere e ricevere informazioni attraverso il suolo. Così, spesso, riescono a sapere molto riguardo ciò che succede sulla crosta terrestre.
Il mare, poi, è lì a due passi, data la ricchezza di insenature sotterranee e di laghi profondissimi in queste grotte.
Sono una sorta di élite intellettuale della fauna underground e tutti lo sanno e ne tengono conto.
PROBOSCIDE delle CANNE
"Elephas sideris"
Animale di acquitrini e paludi è il proboscide delle canne, detto anche proboscide della stella, parto anch'esso del cataclisma primaverile del 496.
Animale ferocissimo e di costumi poco ortodossi, la nostra stella delle paludi regna come incontrastato sovrano su tutta la fauna degli stagni.
La sua origine, per quanto ne sappiamo, risulta piuttosto stravagante:
in effetti egli è stato generato tramite un cibo insolito di un elefante di mare: una stella marina che non digerita venne espulsa con altri detriti nel fondo del mare, dove restò fin quando le potenti radiazioni della luna d'aprile provocarono la lenta formazione del mostro a noi noto.
Successivamente, con l'andar dei secoli, quella zona di mare si prosciugò formando paludi e stagni malsani, e questo fu il mondo che divenne regno del proboscide.
L'aspetto esteriore di questo ottuso animale è spaventoso: simile ad una nave la cui poppa è uno strano intreccio di giunchi, ha una prua sovrastante alta circa tre metri, su cui spicca il volto, deforme ed impastato, dal quale parte una goffa proboscide. Sul suo petto una grande stella di mezzo metro spicca luminosa come fosse un'applicazione artificiale.
E' solo per mezzo di questo simbolo strano che può imporre il proprio dominio su tutto il mondo circostante ed è proprio questo unico segno mistico a farlo adorare come divinità.
Attraverso questo potere riconosciuto, ha potuto radicare e coltivare la sua cupidigia prepotente e tutti, rispettosamente, si autoobbligano ad osservare le sue imposizioni arbitrarie. lui è felice, ovviamente, di poter imporre continuamente il versamento di tributi onorifici, di sacrifici animali, il diritto di possedere per primo le giovani (e i giovani) di ogni razza, appena maturi.
A suo modo si considera una sorta di dragoide, ed infatti il suo modus vitae spappagalla i modelli di quelle celebri bestie di potere, ma nel mondo dei draghi sembra non sia neppure conosciuto, né tanto meno, riconosciuto.
I motivi fondamentali di questa sua pochezza sono dati dalla miseria di spirito, che gli permette di sapersi padrone nei suoi stagni, dove è riconosciuto da tutti potente e divino, (a causa di un piccolo simbolo di cui neppure conosce le origini), ma non si azzarda a rischiare oltre la certezza del suo presente, avventurandosi in eroiche imprese o in ardue battaglie, ben sapendo di non poter contare su una prontezza d'animo reale, ne' su nessuna effettiva intelligenza strategica.
Non è mai uscito, perciò, dal suo regno, anzi, sembra che non si sia spostato più di dieci metri dal luogo che lo generò, godendo della convinzione che il mondo sia tutto come la melma che lo accoglie e che non valga la pena perder tempo a guardare troppo lontano quando è più prudente controllare cosa succede ai piedi del suo trono.
Anche per questo, da secoli, la situazione nelle aree infestate non è cambiata granché, tranne che per le genti che le abitano che, col passar del tempo, nascono sempre più stupide e sottomesse, ormai certe che quel divino padrone sia lì a controllare che gli esseri viventi non vogliano rischiare l'apocalisse inorgogliendosi e magari tentando di sentirsi simili al divino, supremo creatore.
FORESTA dei RAGNI ARTIGIANI
"Silva aracnei e Mordax artifex"
Questa foresta fu scoperta durante le ricerche sul Verecundus Bipes, quando, nel 1964, rastrellavamo tutti i boschi a piedi dei monti, in cerca di reperti che ci aggiornassero sulla vita del famoso personaggio.
Il tentativo fallì in pieno, ma un giorno capitammo in questo luogo di fiaba - regno di aracnidi e necropoli di insetti
I sorprendenti abitanti di questa zona, nonostante il temperamento estremamente efficiente e la naturale dedizione alla caccia, si sono rivelati molto ospitali verso la nostra specie (forse) sconosciuta loro.
Non assalirono, infatti, la nostra équipe, quando accidentalmente distrusse una catena di ragnatele alla periferia del regno.
Una comunicazione effettiva con quelle genti non fu possibile, ma qualcosa nel loro apparato sensoriale permise loro di captare quali fossero le nostre reali intenzioni e ci concessero di mantenere indisturbati il nostro accampamento ai confini del regno senza venire attaccati.
Gran parte della popolazione aracnea di quella zona è impegnata per tutta la vita (o gran parte di essa), a tessere splendide tele di dimensioni gigantesche, con una sostanza collosa e trasparente di differente composizione del classico filamento per ragnatele. Nessun insetto gira indisturbato per quella zona: ovunque abbiamo notato grandi bozzoli iridescenti nei quali le femmine ragno ammassano i corpi delle prede catturate ed uccise.
Il resto della popolazione si occupa dell'intaglio del legno, arte praticata direttamente sui grossi rami degli alberi, producendo figure copiate dalla natura circostante, animale e vegetale.
Subito abbiamo pensato che questo secondo gruppo operativo svolgesse un compito privilegiato rispetto al primo, in quanto più creativo e non finalizzato, ma ci siamo poi accorti di aver fatto un grave errore:
quelle raffigurazioni erano costruite anch'esse con spirito istintivo, ed erano simboli di una mappa zonale molto difficile a ricomporsi, che segnala l'inizio e la fine del territorio dominato dalle singole famiglie.
Queste suddivisioni zonali sono, come per il canto dei volatili, determinate con segnali istintivi espressi, in questo caso, attraverso la riproduzione esatta di qualsiasi soggetto, senza studio preliminare e senza interventi personali, cosa impossibile per qualunque pensante intelligente.
Una nostra ipotesi è che delle particolari onde sonore trasmesse dagli aracnidi permettano loro di riconoscere tangibilmente gli elementi che li circondano nella loro tridimensionalità, (che questo fosse il motivo della loro disattenzione nei nostri riguardi?!), e che quando un corpo viene captato la fisicità si scarica solamente nella creazione di un oggetto ligneo identico all'originale, realizzato rodendo i rami con una loro propria dentatura seghettata .
Ovviamente ogni ragno sa di aver prodotto quel preciso soggetto che diventa il simbolo della "casa aracnea", la quale spesso comprende un albero, talvolta due, talvolta qualche ramo o anche meno.
Le famiglie aracnee, così distribuite, vivono in continua guerra tra loro per allargare o difendere i propri confini.
Noi studiosi non potemmo approfondire oltre perché, quando (dopo una pausa di studi) tentammo un secondo appostamento nella foresta, trovammo vano ogni tentativo di raggiungerla.
Una frana o qualche mutamento radicale del percorso non permise mai più un ritorno in quel luogo.
by McBett 1985
1985 by mcbett
Preludio
Nell'anno 496 d.C., gli studiosi rivelano, la seconda luna di primavera si accostò talmente al globo terrestre da provocare fortissimi turbamenti atmosferici in alcune zone, mentre in altre causò profondi sconvolgimenti di regni animale e vegetale che, in situazioni rare, favorirono la nascita di anomalie inverosimili.
Data la diversità dei luoghi in cui capitarono questi fenomeni non è facile stabilire il giorno preciso di tali avvenimenti, se non fu già scoperto nel passato, anche perché, date latitudini e longitudini diverse, i diversi fusi orari non fanno coincidere le date del plenilunio.
IL TIMIDO MATTIA
"Verecundus bipes"
Era anche detto semplicemente "il Timido" ed abitava solitario i boschi ai piedi delle montagne.
Non si conobbero mai bene le sue abitudini perché, pur essendo un umanoide, non socializzò con nessuno.
Sappiamo la sua storia perché se la tramandarono oralmente per generazioni gli abitanti delle pianure circostanti, fin quando, all'inizio del diciottesimo secolo, un governatore zelante, ricostruendo in un gran manoscritto le origini del proprio paese, non mise per iscritto anche questa vicenda.
Riportiamo qui, dunque, il testo di questo racconto del corretto funzionario, provando un po' a tradurlo dal dialetto in cui è stato scritto, per una migliore comprensione:
"Sappiamo con certezza che fu nell'Aprile 496.
Nella notte un Leone aveva appena ucciso e divorato un Monoceros arietinus (particolare razza ovina ormai estinta - N.d.T.) quando un giovane cacciatore di nome Mattia dalla Freccia Veloce, lo scorse.
Fu un attimo, e la fiera venne colpita a morte. Sembra che in quell'anno accadessero fatti inverosimili a causa dei raggi deformi della luna che in quel mese nefasto giunse al culmine della sua demoniaca potenza. E in quel mentre (che il giovane si trovava dentro una radura e la luna del cielo era piena), che essa uscì dalle nubi e dagli alberi ed influì sul giovane impavido.
Lentamente tutte le fattezze del ragazzo iniziarono a mutarsi, compreso il suo carattere coraggioso, e questi prese a correre velocemente verso il paese, ché s'era accorto quanto pericolo gli stesse accadendo.
Incontrò un passante a lui conosciuto, tal Dedalo, e lo fermò per fargli ascoltare il suo sentimento di profonda stranezza e sconvolgimento, e questi l'ascoltò, dapprima ritenendolo allucinato da sostanze fatate,, dato che non notava in lui i mutamenti ancora poco visibili, poi si spaventò moltissimo notando la fronte del giovane crescere e crescere ancora ed i capelli incresparsi ed incresparsi ed i piedi allungarsi ed allungarsi in modo inaudito, mentre la figura perfetta del giovane lentamente si appallottolava e scompariva in fondo alla testa abnorme.
Il passante fuggì, certo di aver avuto egli stesso una visione, forse a causa di disturbi intestini e, tornato a casa pianse del suo malessere con la moglie.
Fatto stà che il giovane Mattia il giorno dopo non era più a casa e ancora una settimana dopo non tornava e nessuno lo vide mai più.
Si dice che ciò che ne fu di lui, ossia il Verecundus Bipes, detto "il Timido Mattia", per molto tempo non fu conosciuto.
Tutti pensarono alla follia (forse premonitrice) del contadino e alla morte accidentale del giovane.
Anni ed anni in seguito venne scorta una strana impronta larga e si pensò ad enormi giganti giunti a punire l'umanità.
Solo quasi un secolo dopo capitò ad un anziano boscaiolo di vedere un animale peloso tra i cespugli, con uno strano corno ritorto sulla fronte e dallo sguardo molto umano ma spaventato che subito saltellò via a grandi passi con delle zampe enormi simili a quelle delle papere.
Sembra che il turpe cambiamento avesse reso longevo il giovane Mattia, che da quel giorno, ricostruite le storie delle generazioni passate, fu identificato.
Si pensò, allora, che il contadino avesse avuto ragione, la triste notte della primavera del 496, quando Mattia non tornò più ai suoi cari.
Ora la sua famiglia era morta e restavano dei coraggiosi successori che lo cercarono nel bosco e lo trovarono. Ma riuscì a sfuggire anche a loro e a scomparire del tutto.
Fu nell'anno 649, quando i boschi ai piedi delle montagne erano considerati ormai poco sicuri e la sua possibile permanenza lì era vista come una presenza del maligno, che delle donne, mentre andavano a lavare la biancheria al fiume che taglia il fondovalle, trovarono il suo corpo inanimato rannicchiato dentro una buca nel suolo. Chiamarono gli uomini a coprirlo di terra e da allora di lui è rimasto solo il ricordo del mistero per chi ne seppe le vicissitudini e l'incredulità ed il dubbio per noi che trascriviamo questa storia.
Lì, undieci de lo mese de OCTOBRES anno MDCCXXXVI per l'Ill.mo Governatore, segnai."
SIRENETTI DEGLI SCOGLI
"Insitici Tritoni"
I Sirenetti sono figli di esseri terrestri, generalmente animali (maiali o talvolta capre), ma anche di umani, che sotto il plenilunio dell' Aprile 496, caddero in mare. Sotto l'influsso di quella luna propizia poterono accoppiarsi con semplicità agli abitanti del fondo marino, generando, quindi, svariati tipi di anfibi aventi coda di pesce e corpo di terrestre.
La loro esistenza è perciò divisa tra la Terra/Padre ed il Mare/Madre, differentemente, differentemente dalle Sirene,che, seppur in apparenza simili, sono esseri strettamente marini.
La loro attività fondamentale è la contemplazione, anche se in alcune specie più umanoidi si tratta anche di attività manuali, come la costruzione di strumenti musicali a fiato e il loro uso.
I canti dei Sirenetti e le loro musiche tendono ad imitare il verso dei volatili marini, dei quali i Tritoni adorano la misteriosa e fantastica capacità di volare.
Specialmente i gabbiani, ma anche gli albatri, sono da loro richiamati nelle lunghe giornate di sole, quando non soffia troppo vento ed è piacevole lasciarsi andare sugli scogli. Ed essi rispondono, accorrono piuttosto amichevoli, anche se non domestici, e svolazzano per il cielo circostante fino al tramonto, quando i Sirenetti, ormai stanchi, si tuffano in mare per riposare sul fondo.
Il culto del volatile, nell'andar dei secoli, si è sviluppato talmente, che alcuni Sirenetti, quelli appartenenti a razze ibride più evolute formatesi in secoli di unioni pure tra razze umanoidi, attuano una sorte di arte scultorea graffiando su degli scogli particolarmente idonei immagini di volatili fantastici o realistici.
Passeggiando lungo le soste di quei mari non è difficile trovare di queste opere, seppure spesso siano nascoste da incrostazioni o corrose dalla salsedine.
Data la confidenza atavica col genere umano (oltre che con capre maiali mucche pecore cani cavalli somari eccetera), i Sirenetti non sono ostili alla gente, come non lo sono ad ogni altra specie animale terrestre, soprattutto agli animali da cortile.
Di carattere cordiale e socievole, dimostrano, però, un certo imbarazzo nel confrontarsi con le specie che vantano origini molto più antiche delle loro.
Manca loro, infatti, una storia evolutiva vera e propria, antica:, data la varietà immensa di razze e sottorazze, i miscugli tra le famiglie, sono propensi a cambiare di molto l'aspetto nel tempo. Questo non permette loro di conoscersi a fondo, né di poter fare affidamento sull'esperienza degli anziani, o di avere dei veri e propri costumi sociali.
Mangiano ogni cosa commestibile che li circonda, soprattutto fauna e flora marina, dato l'habitat, ma anche verdure e frutti del suolo circostante.
Cercano di evitare, quando possono, di rubare le uova dai nidi di gabbiani ed albatros, ma succede che mangino anche quelle, mancando una determinata morale o un senso effettivo del tabù che impedisca loro di farlo.
La loro morte, se naturale, avviene in mare, al largo, nel fondo degli abissi, in luoghi non frequentati dalle comunità.
PESCE-UCCELLO SALTARELLO
"Tetrao piscis"
Conosciuto dalle popolazioni dei piccoli arcipelaghi mediterranei, e soprannominato "Pesceuccello Saltarello", è protagonista di simpatiche saghe, filastrocche e leggende popolari.
E' considerato simbolo di buon augurio e porta fortuna al pescatore quando al mattino si imbarca e vede un branco affiorare e saltellare a filo d'acqua.
Non è molto bello all'apparenza, con il torso rugoso e pinne di tipo preistorico, ma la sua copertura vibra di colori cangianti, ed il muso somiglia, buffamente, a quello di un gallo dal capo impennacchiato.
Nonostante l'aspetto anomalo e grottesco è un pesce in tutto: grande quasi come un delfino è di un'agilità stupefacente quando salta in aria per poi rituffarsi nel profondo del mare.
Spesso, i branchi di piccoli pescegalli si avvicinano alle rive sabbiose dove l'acqua è bassissima, per socializzare domesticamente con i piccoli umani del bagnasciuga. Difficilmente gli uomini del litorale si mostrano ostili verso questi animali.
Se casualmente finiscono nelle reti, i pescatori li rigettano in mare (soprattutto perché non sono commestibili).
La canzone più famosa lungo le coste del mediterraneo, cantata dai pescatori in alto mare, dalle donne ai bambini nella culla o dai ragazzetti in strada facendo saltare la palla, più o meno dice così:
Pesceuccello saltarello
se poi piove apro l'ombrello
ma per ora mi vuoi dire
cosa metto nel bacile?
Pesceuccello saltarello
ho fame e caccio col coltello
ho sete e cerco dieci lire
il mio letto è nel fienile
Pesceuccello saltarello
nasce il grano al campicello
cade il latte nel bacile
noi balliamo nel cortile
Se la luna salirà
Pesceuccello dormirà
DRAGHETTO
"Dracoinsectum"
Questo raffinato animaletto è il più piccolo esemplare della famiglia dei draghi.
Le sue dimensioni, non superiori a quelle di un grillo mediterraneo, portano a considerarlo più un insetto che parente dei rettili dalla lingua di fuoco; tuttavia nella loro gerarchia è considerato alla stregua dei draghi cinesi, suoi più famosi parenti e di tutti gli altri generi di draghi conosciuti più o meno dagli studiosi zoologi.
La potenza di questo animale sta proprio nelle sue dimensioni ridotte: dove un drago normale non può giungere senza destare clamori e sgomento, lui arriva con facilità e riservatezza.
E' richiestissimo da tutte le specie, animali e non, come ambasciatore o messaggero di notizie importanti e delicate, perché è animale di grande sveltezza e forza.
Possiede ali molto più valide di quelle possedute generalmente da tutti i tipi di draghi: solide e leggere.
Le sue zampe fanno salti in lungo ed in largo alla stregua di scoiattoli volanti.
I suoi occhi, come la mosca, vedono contemporaneamente ogni lato, a salvaguardia dalle imboscate.
E' certamente animale d'azione e politico: pur essendo molto compreso nella serietà dei suoi compiti, riesce a porre fine alle sue azioni senza sclerosi mentali e con tattica razionale.
E' conosciuto praticamente ovunque, ed ovunque è rispettato, ma ha come nemici effettivi l'acqua e i suoi abitanti: se le sue ali si bagnano, non essendo impermeabili si appesantiscano come spugne e lo lasciano cadere come un masso. I pesci dei mari salati ne vanno ghiotti
Così i dracoinsecti spesso partono in gruppi per recapitare messaggi a grandi distanze, sia per aiutarsi in caso di pericolo, sia perché i superstiti di eventuali incidenti possano, nonostante tutto, portare a termine il proprio lavoro.
È capitato spesso che qualcuno vedesse brillare le ali di qualche draghetto affogato in uno specchio d'acqua dolce, come uno stagno o un piccolo lago.
Non sono essenzialmente carnivori, e, date le modeste dimensioni, non mangiano fanciulle e non sono combattuti da guerrieri a cavallo. Capita talvolta che appoggino un complotto di draghi, ma mai promosso da un'iniziativa personale, più che altro per diplomazia interna.
Il fatto è che rispettano profondamente i riti e le usanze delle comunità loro parenti e ne approvano incondizionatamente le scelte, nonostante siano non strettamente idonee per loro.
Non sono animali fantasiosi, ma nel loro lavoro sanno usare molta prudenza e saggezza .
Giunti ad una certa età, però, verso i sei, otto anni, data la brevità della loro esistenza, si ritirano pressi i prati incolti o le campagne abbandonate, per riprodursi tramite uova e poi morire.
PESCECARTA da FONDO
"Involutus lassus"
Il "Pescecarta da Fondo" è un animale bisbetico e brontolone, ma tuttavia tollerabile.
Ce l'ha ancora a morte con il plenilunio dell'aprile 496 quando, come foglio di carta, venne accartocciato e buttato a mare da una mano rabbiosa e, finito sul fondo, si accorse di essersi tramutato in un Pensante.
Da allora la sua vita monotona è basata sullo studio attento dei cambiamenti nei secoli del fondo marino. Non ha familiarizzato con i pesci veri e propri, né con gli altri esseri subacquei, perché gli sembrano tutti instabili e frenetici.
Ama sostare da sempre nello stesso punto dove è caduto e, seppure le alghe lo abbiano ormai completamente ricoperto, non sente il bisogno di levarsele di dosso. Non mangia mai, essendo di natura non animale, non sente,(e di sicuro crede che sia un vantaggio). Guarda soltanto, da secoli e secoli, e chissà per quanto ancora resterà lì, dimenticato e dimentico.
FOSSILI delle ROCCE
"Fossila Rocciarum"
Esiste una specie particolare di fossili, nelle rocce di alcune grotte poco frequentate che, nonostante l'apparenza, vivono ed anche pensano, nutrendosi dei minerali delle rocce e di scorie organiche.
Appartengono ad un tipo particolare di conchiglia mononucleata, nata con la materia stessa al momento delle grandi esplosioni e da allora non sono mai cresciuti e mai morti.
Integrati nel terreno con la scomparsa dei mari, hanno come attività sociale primaria la comunicazione tramite microonde sonore e vibrazioni attraverso il terreno, e possiedono una sorta di alfabeto e di grammatica che permette loro espressioni poetiche di massima elevatezza, pari ai nostri "Mi illumino d'immenso", seppure spesso condizionate dalla contingenza del sottosuolo.
Nonostante la vita nel profondo della materia, i fossili delle rocce sono aggiornatissimi, data la elevata velocità con cui possono trasmettere e ricevere informazioni attraverso il suolo. Così, spesso, riescono a sapere molto riguardo ciò che succede sulla crosta terrestre.
Il mare, poi, è lì a due passi, data la ricchezza di insenature sotterranee e di laghi profondissimi in queste grotte.
Sono una sorta di élite intellettuale della fauna underground e tutti lo sanno e ne tengono conto.
PROBOSCIDE delle CANNE
"Elephas sideris"
Animale di acquitrini e paludi è il proboscide delle canne, detto anche proboscide della stella, parto anch'esso del cataclisma primaverile del 496.
Animale ferocissimo e di costumi poco ortodossi, la nostra stella delle paludi regna come incontrastato sovrano su tutta la fauna degli stagni.
La sua origine, per quanto ne sappiamo, risulta piuttosto stravagante:
in effetti egli è stato generato tramite un cibo insolito di un elefante di mare: una stella marina che non digerita venne espulsa con altri detriti nel fondo del mare, dove restò fin quando le potenti radiazioni della luna d'aprile provocarono la lenta formazione del mostro a noi noto.
Successivamente, con l'andar dei secoli, quella zona di mare si prosciugò formando paludi e stagni malsani, e questo fu il mondo che divenne regno del proboscide.
L'aspetto esteriore di questo ottuso animale è spaventoso: simile ad una nave la cui poppa è uno strano intreccio di giunchi, ha una prua sovrastante alta circa tre metri, su cui spicca il volto, deforme ed impastato, dal quale parte una goffa proboscide. Sul suo petto una grande stella di mezzo metro spicca luminosa come fosse un'applicazione artificiale.
E' solo per mezzo di questo simbolo strano che può imporre il proprio dominio su tutto il mondo circostante ed è proprio questo unico segno mistico a farlo adorare come divinità.
Attraverso questo potere riconosciuto, ha potuto radicare e coltivare la sua cupidigia prepotente e tutti, rispettosamente, si autoobbligano ad osservare le sue imposizioni arbitrarie. lui è felice, ovviamente, di poter imporre continuamente il versamento di tributi onorifici, di sacrifici animali, il diritto di possedere per primo le giovani (e i giovani) di ogni razza, appena maturi.
A suo modo si considera una sorta di dragoide, ed infatti il suo modus vitae spappagalla i modelli di quelle celebri bestie di potere, ma nel mondo dei draghi sembra non sia neppure conosciuto, né tanto meno, riconosciuto.
I motivi fondamentali di questa sua pochezza sono dati dalla miseria di spirito, che gli permette di sapersi padrone nei suoi stagni, dove è riconosciuto da tutti potente e divino, (a causa di un piccolo simbolo di cui neppure conosce le origini), ma non si azzarda a rischiare oltre la certezza del suo presente, avventurandosi in eroiche imprese o in ardue battaglie, ben sapendo di non poter contare su una prontezza d'animo reale, ne' su nessuna effettiva intelligenza strategica.
Non è mai uscito, perciò, dal suo regno, anzi, sembra che non si sia spostato più di dieci metri dal luogo che lo generò, godendo della convinzione che il mondo sia tutto come la melma che lo accoglie e che non valga la pena perder tempo a guardare troppo lontano quando è più prudente controllare cosa succede ai piedi del suo trono.
Anche per questo, da secoli, la situazione nelle aree infestate non è cambiata granché, tranne che per le genti che le abitano che, col passar del tempo, nascono sempre più stupide e sottomesse, ormai certe che quel divino padrone sia lì a controllare che gli esseri viventi non vogliano rischiare l'apocalisse inorgogliendosi e magari tentando di sentirsi simili al divino, supremo creatore.
FORESTA dei RAGNI ARTIGIANI
"Silva aracnei e Mordax artifex"
Questa foresta fu scoperta durante le ricerche sul Verecundus Bipes, quando, nel 1964, rastrellavamo tutti i boschi a piedi dei monti, in cerca di reperti che ci aggiornassero sulla vita del famoso personaggio.
Il tentativo fallì in pieno, ma un giorno capitammo in questo luogo di fiaba - regno di aracnidi e necropoli di insetti
I sorprendenti abitanti di questa zona, nonostante il temperamento estremamente efficiente e la naturale dedizione alla caccia, si sono rivelati molto ospitali verso la nostra specie (forse) sconosciuta loro.
Non assalirono, infatti, la nostra équipe, quando accidentalmente distrusse una catena di ragnatele alla periferia del regno.
Una comunicazione effettiva con quelle genti non fu possibile, ma qualcosa nel loro apparato sensoriale permise loro di captare quali fossero le nostre reali intenzioni e ci concessero di mantenere indisturbati il nostro accampamento ai confini del regno senza venire attaccati.
Gran parte della popolazione aracnea di quella zona è impegnata per tutta la vita (o gran parte di essa), a tessere splendide tele di dimensioni gigantesche, con una sostanza collosa e trasparente di differente composizione del classico filamento per ragnatele. Nessun insetto gira indisturbato per quella zona: ovunque abbiamo notato grandi bozzoli iridescenti nei quali le femmine ragno ammassano i corpi delle prede catturate ed uccise.
Il resto della popolazione si occupa dell'intaglio del legno, arte praticata direttamente sui grossi rami degli alberi, producendo figure copiate dalla natura circostante, animale e vegetale.
Subito abbiamo pensato che questo secondo gruppo operativo svolgesse un compito privilegiato rispetto al primo, in quanto più creativo e non finalizzato, ma ci siamo poi accorti di aver fatto un grave errore:
quelle raffigurazioni erano costruite anch'esse con spirito istintivo, ed erano simboli di una mappa zonale molto difficile a ricomporsi, che segnala l'inizio e la fine del territorio dominato dalle singole famiglie.
Queste suddivisioni zonali sono, come per il canto dei volatili, determinate con segnali istintivi espressi, in questo caso, attraverso la riproduzione esatta di qualsiasi soggetto, senza studio preliminare e senza interventi personali, cosa impossibile per qualunque pensante intelligente.
Una nostra ipotesi è che delle particolari onde sonore trasmesse dagli aracnidi permettano loro di riconoscere tangibilmente gli elementi che li circondano nella loro tridimensionalità, (che questo fosse il motivo della loro disattenzione nei nostri riguardi?!), e che quando un corpo viene captato la fisicità si scarica solamente nella creazione di un oggetto ligneo identico all'originale, realizzato rodendo i rami con una loro propria dentatura seghettata .
Ovviamente ogni ragno sa di aver prodotto quel preciso soggetto che diventa il simbolo della "casa aracnea", la quale spesso comprende un albero, talvolta due, talvolta qualche ramo o anche meno.
Le famiglie aracnee, così distribuite, vivono in continua guerra tra loro per allargare o difendere i propri confini.
Noi studiosi non potemmo approfondire oltre perché, quando (dopo una pausa di studi) tentammo un secondo appostamento nella foresta, trovammo vano ogni tentativo di raggiungerla.
Una frana o qualche mutamento radicale del percorso non permise mai più un ritorno in quel luogo.
by McBett 1985